Risalgono al 1750 le prime notizie storiche di un opificio che, sulla sponda dell’Olona, si occupa della follatura degli stracci e della parziale lavorazione della carta.
Nel 1897 la famiglia Vita acquista la piccola fabbrica e fonda la “Cartiera Enrico Vita & Co”, rinnovando profondamente il ciclo industriale ed ampliando la fabbrica.
Nel 1904 Matilde Vita sposa Sally Mayer e nel 1906 nasce la “Vita Mayer & Co.”.
Nel 1916 viene attivato il tratto ferroviario Cairate-Valmorea della ferrovia Valmorea e la cartiera ha una facile ed efficiente via di comunicazione per le materie prime e i prodotti finiti.
Dopo la prima guerra mondiale continua l’espansione degli impianti e nel 1937 inizia la produzione in loco della cellulosa, precedentemente acquistata come materia prima e trasportata via ferrovia alla fabbrica.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale ferma gli impianti e le famiglie proprietarie, Vita e Mayer, devono riparare in svizzera poiché di origini ebraiche.
Gli impianti non subiscono danni durante il conflitto e nell’immediato dopoguerra la produzione può ripartire facilmente. La cartiera vede una nuova inarrestabile crescita che porta ad un’espansione anche a sud con la creazione di un nuovo polo produttivo per il mercato dei prodotti cartacei usa e getta: tale nuovo polo produttivo sarà costituito da Astorre Mayer come azienda a se’ stante, con la denominazione di Cartiera di Cairate – VI.MA. Non è oggetto di questa scheda ma ce ne occuperemo in futuro.
Si arriva agli inizi degli anni ’60 ad avere una produzione di 80.000 tonnellate di carta annue e 2.500 dipendenti.
Negli anni ’70 un mercato sempre più competitivo e la scarsità di materia prima portano a un lento declino della fabbrica, sino alla chiusura definitiva nel 1977.
Attualmente l’area è proprietà della società Prealpi Servizi che ha iniziato dal 2010 bonifiche e demolizioni degli edifici più ammalorati.
Funzione degli edifici della cartiera
Legenda
1. Saccheria e magazzini (1930)
2. Falegnameria e laboratorio fisico (1930)
3. Macchina continua (1936)
4. Officina meccanica ed elettrica (1936)
5. Deposito cellulosa (1937)
6. Locale trance vecchie (1938)
7. Caustificazione e vecchie caldaie (1938)
8. Magazzini e autorimesse (1938)
9. Locale molazze e controllo (1940)
10. Decantazione e chiarificazione acqua (1947)
11. Cottura continua e discontinua (1950)
12. Macchina continua (1950)
13. Deposito solfato (1955)
14. Portineria e pesa (1958)
15. Impianto biossido di cloro (1960)
16. Imbianchimento (1960)
17. Caldaia Tomlinson con ciminiera (1961)
18. Silos minuzzoli (1961)
19. Cottura continua (1963)
20. Lavaggio cellulosa (1963)
21. Scortecciamento e sminuzzamento legno (?)
L’Isotta Fraschini fu fondata nel 1900 come “Socità milanese d’automobili Isotta Fraschini & C.” da Cesare Isotta e i fratelli Vincenzo Oreste Antonio Fraschini.
Inizialmente l’azienda si occupava di assemblare parti e componenti di veicoli di provenienza straniera, del montaggio su telai di propria progettazione e costruzione, della vendita delle vetture così ottenute e della commercializzazione di vetture straniere.
Ben presto l’azienda cominciò a progettare e produrre in proprio tutte le parti e nel 1904 divenne “Isotta Fraschini S.p.A. Milano”.
Per molti anni progettò e produsse motori eccezionali per impieghi aeronautici, navali, civili, militari e veicoli sia per uso civile che militare.
Negli anni ’30 la fabbrica trasferì sul territorio di Saronno alcuni suoi stabilimenti ed anche successivamente a causa dei bombardamenti di quelli di via Monterosa a Milano durante la Guerra. Creando così a Saronno un’importante realtà industriale.
Nel 1943, con un organico di circa 10.000 operai ripartiti negli stabilimenti di via Monterosa, di Saronno e di Cavaria Oggiona, si producevano ogni mese all’incirca:
150 motori aeronautici;
20 motori marini per aerosiluranti;
250 mitragliatrici;
40 autocarri;
una quantità imprecisata di semilavorati, fucinati e fusi di grande qualità, forniti anche ad altre industrie.
Gli autocarri avrebbero dovuto assumere un peso maggiore nel quadro congiunturale assolutamente negativo che si poteva prevedere per il primo dopoguerra. Va dato atto a Gianni Caproni di aver concepito la riconversione del suo gruppo proprio secondo questo indirizzo.
In un promemoria, redatto alla fine del 1949, egli scrisse:
“… Convinto che, con la fine delle ostilità, ci sarebbe stato un netto e totale arresto della produzione aeronautica, avevo predisposto uno studio per un programma di produzione civile. La via migliore per assicurare il lavoro a migliaia di operai era di sviluppare la sezione automobilistica dell’Isotta Fraschini in collaborazione con la Aeroplani Caproni, la CEMSA e i Cantieri Aeronautici Bergamaschi. L’Isotta Fraschini avrebbe costruito motori e telai, la CEMSA ponti, assali, sterzi, la Aeroplani Caproni le carrozzerie e la CAB le pompe d’iniezione e gli accessori. La produzione, per l’Italia e per l’estero, doveva essere di autocarri, autobus, filobus.”
In queste note l’automobile non compariva esplicitamente ma, sta di fatto che Caproni autorizzò, a suo tempo, gli studi e la realizzazione dei prototipi della F11 e della Monterosa, concepiti come prodotti complementari sul piano commerciale, che avrebbero potuto aver successo se il gruppo d’industrie cui facevano capo avesse mantenuto la ripartizione di ruoli ipotizzata con un efficace coordinamento centrale.
Inoltre, Caproni si era assicurato in Argentina e in Brasile sostanziosi contratti per la fornitura di veicoli industriali che avrebbero costituito, con il conseguente introito, il volano finanziario necessario al rilancio. Nel promemoria citato, viene anche evidenziato un quadro favorevole all’operazione.
“… Le aziende erano in condizioni economicamente brillanti, con macchinari rinnovati, impianti danneggiati solo in minima parte. In quarant’anni d’industria non abbiamo mai avuto un momento così favorevole. “
La nomina di commissari governativi, voluta dal Comitato di Liberazione Nazionale in aziende che avevano servito il regime fascista, pur essendo un atto politicamente dovuto, fu la prima causa del mancato coordinamento interaziendale.
Infatti, il citato promemoria prosegue riferendo che:
“… Finita la guerra, nell’Isotta Fraschini furono nominati dei Commissari ai quali fu avocata la direzione. All’Aeroplani Caproni ebbi la soddisfazione di essere nominato commissario, assistito da due vice-commissari, ma tale nomina non ebbe significato alcuno perché fui perseguitato per circa un anno da un mandato di cattura, seguito da assoluzione in istruttoria per insussistenza dei reati attribuitimi. Tuttavia … avevo fatto un programma per il raggruppamento dell’Isotta Fraschini con la Aeroplani Caproni e la CEMSA in un’unica società. Questo programma fu portato avanti anche dopo la creazione del FIM (N.d.R.: Fondo di finanziamento delle Industrie Meccaniche, poi ristrutturato in EFIM nel 1967). Se tale programma fosse stato discusso e tempestivamente attuato, sarebbe stato sufficiente un finanziamento inferiore alla metà di quelli che poi furono fatti dal FIM alle predette aziende. Si sarebbe superata la crisi con lieve riduzione del personale. Il programma era stato accettato dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro, dal Ministero del Lavoro, dal Ministero dell’Industria, e sembrava che nessun ostacolo dovesse frapporsi alla sua realizzazione. Sennonché nella riunione del FIM (dicembre 1947) non fu approvato. Da questo momento iniziò il tracollo dell’Isotta Fraschini e il periodo di grandi perdite della Caproni sotto la direzione degli incaricati del FIM. “
Il 9 gennaio 1953 il Tribunale di Milano dichiarò l’insolvenza dell’Isotta Fraschini ordinandone la liquidazione.
Nel 1955 l’azienda si fuse con la “Breda Motori” di Milano e nacque la “F.A. Isotta Fraschini e Motori Breda” con stabilimenti in via Milano a Saronno. Vennero progettati e realizzati importanti prodotti nel settore ferroviario, navale e industriale.
All’inizio degli anni ’60 venne fondato a Bari uno stabilimento per la produzione di motori Diesel di grande successo.
Verso la fine degli anni ’70 la società cambiò nome prima in “Isotta Fraschini” poi in “Isotta Fraschini Motori” e cessò la sua attività a Saronno alla fine degli anni ’80 con il trasferimento della produzione negli stabilimenti di Trieste della soc. Fincantieri, successivamente trasferiti a Bari.
Foto storica che ritrae uno dei capannoni dello stabilimento di Saronno con veicoli bellici in produzione
Di seguito la copertina del libro “Oltre la Fabbrica”, scritto a due mani da Giacinto Romano Canazza e Maurizio Cicardini.
Il libro “Oltre la Fabbrica” scritto a due mani da Giacinto Romano Canazza e Maurizio Cicardini
Qui una breve descrizione del contenuto del volume:
“Una lapide riportante 38 nominativi di Caduti per la Libertà, null’altro. Una lapide presente ora quale monito presso il Museo delle Industrie e del Lavoro Saronnese (MILS) di Saronno. Questi sono gli scarni elementi da cui sono partiti gli autori, ex dipendenti Isotta Fraschini Saronno, per condurre questa ricerca storica al fine di risalire alle storie ultime delle persone citate sulla lapide in una sorta di “Chi erano costoro? Chi erano e in quale circostanza sono morti?” Per meglio comprendere il contesto storico in cui le vicende di ognuno si sono svolte, ed a complemento della ricerca, vi è una breve introduzione riguardante il periodo storico che va da dopo il primo dopoguerra sino alla Liberazione, toccandone solo gli elementi principali, ma comunque importanti per le storie ricostruite. I risultati della ricerca riguardante le vicende dei caduti con le relative schede biografiche costituiscono comunque l’elemento preponderante, e le storie di ciascuno, con narrazione asciutta basate esclusivamente sui documenti ritrovati aiutano a comprendere la portata delle loro azioni, inserite in un momento storico particolare. Lo sfondo politico e sociale di quel periodo emerge scorrendo le storie ad una ad una, diverse tra loro per origine, fatti personali, tipologia di avvenimenti e località, accomunate dal lavorare nella stessa Fabbrica prima, e dal tragico destino poi.”
Di seguito un video con una importante testimonianza di ex dipendenti dello stabilimento di Saronno:
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