Società anonima Supertessile di Rieti

Nel 1928 viene inaugurato, a Rieti, lo stabilimento “Società anonima Supertessile”. Proprio davanti esisteva già un’altra importantissima realtà industriale per il territorio reatino: lo zuccherificio (primo in Italia) fondato nel 1873 dall’ing. Emilio Maraini. L’area industriale viene completata nel 1937 dalla costruzione dello stabilimento Montecatini per la produzione dell’acido solforico, materia prima fondamentale per la produzione dei filati artificiali.

Lo stabilimento Montecatini realizzato nel 1937 accanto alla Supertessile per produrre l’acido solforico indispensabile per la produzione della viscosa

Lo stabilimento della Supertessile è fortemente voluto dall’amministrazione della cittadina allo scopo di creare sviluppo e posti di lavoro. Per questo viene contattato il barone Alberto Fassini, fondatore a Padova della Cines Seta Artificiale e successivamente fondatore, insieme a Franco Marinotti, della CISA Viscosa. Anche il principe Potenziani, di origine reatina e in quel periodo importante gerarca fascista, si adopera per convincere il Fassini a scegliere proprio Rieti per lo stabilimento. Alla società vengono garantiti molti benefici, in termini fiscali e logistici (uso gratuito delle acque, esenzione da dazi, etc.), per facilitarne l’insediamento e lo sviluppo.

Una commovente richiesta di riassunzione di un’operaia licenziata, segnata da un perentorio “NO” – 1931

La progettazione dello stabilimento è affidata all’ingegnere Arturo Hoerner, storico collaboratore del barone Fassini (sua la progettazione di altri edifici industriali per lo stesso committente nonché di villa Fassini a Roma) e vede l’utilizzo sapiente di eleganti strutture in cemento armato per i giganteschi capannoni a shed. L’edificio più iconico di tutto il complesso è senz’altro la torre quadrata che ospita gli uffici, sormontata da un enorme serbatoio idrico circolare.

Uno dei tanti progetti impianti originali del 1928

E’ interessante notare come il complesso industriale non fosse dotato in origine di impianto estrazione fumi chimici e pulizia/climatizzazione dell’aria, come invece sarà fatto in futuro in più recenti stabilimenti della SNIA Viscosa (ad esempio Varedo e Castellaccio) dove tali impianti sono ben integrati nelle opere strutturali: a Varedo la più grande delle ciminiere, quella con le nervature, è proprio deputata a tale scopo. Tale impianto viene aggiunto a Rieti solo successivamente (si tratta della ciminiera in ferro e vetroresina tutt’ora presente) ed è ben visibile la sua estraneità strutturale rispetto al resto della fabbrica: la salubrità dell’ambiente di lavoro, negli anni ‘20, non era certo una priorità e l’avvelenamento da solfuro di carbonio era molto frequente tra le maestranze.

All’ingresso dello stabilimento è presente il capannone-parcheggio per le biciclette degli operai

 

I ganci per appendere le biciclette

L’uscita degli operai, tutti in bicicletta, in una cartolina d’epoca

L’edificio della portineria è ornato da un rivestimento in legno con il simbolo degli Anelli di Borromeo e le iniziali della SNIA Viscosa

Nel 1929, prima della grande crisi economica, la Supertessile dà lavoro a oltre 2300 persone e attorno allo stabilimento l’azienda costruisce un vero e proprio villaggio industriale con gli alloggi per operai e impiegati. Le palazzine per gli operai sono quelle a due piani ancora esistenti lungo via Cicchetti e via Piselli mentre le ville per i funzionari affacciano a semicerchio su piazza XXIII Settembre.

Il cartellino di un’operaia a cui, dall’aprile 1931 al dicembre del 1933, vengono comminate ben 38 punizioni per assenze ingiustificate, cancellazioni del cartellino, “matasse rotte”, indisciplina e scarso rendimento. Nata nel 1919 e assunta nel 1931: una bimba dodicenne.

All’epoca la città di Rieti non offre, ovviamente, mano d’opera specializzata e in tale gran quantità, quindi l’azienda recluta moltissime lavoratrici dal Veneto. Pare che il reclutamento fosse affidato alle parrocchie venete che avrebbero operato la selezione in base a criteri di “moralità”.
Per garantire assistenza e servizi a questa mole di persone lontana dai propri luoghi natii, si affida la gestione del “welfare” aziendale, del dopolavoro e degli alloggi alla ONARMO (Opera Nazionale di Assistenza Religiosa e Morale agli Operai).

Vari documenti che riportano le variazioni storiche di ragione sociale

Durante la seconda guerra mondiale l’area industriale subisce pesanti danni a seguito dei bombardamenti (in particolare lo zuccherificio che venne quasi raso al suolo) e nel dopoguerra la SNIA Viscosa investe molto per ammodernare lo stabilimento, senza ancora preoccuparsi, però, delle condizioni di salute degli operai che erano a diretto contatto con sostanze chimiche estremamente tossiche.

L’azienda comunica a un operaio che potrà sospendere il pagamento della pigione per l’alloggio aziendale, reso inagibile dai bombardamenti del 1944

Alla fine degli anni ‘70 la crisi petrolifera rende non più competitivo lo stabilimento di Rieti che chiude nel 1979. Per tentarne il rilancio si punta allora sull’innovazione tecnologica e SNIA Fibre installa a Rieti le FCT3000 per la filatura continua della viscosa (proprio brevetto) che sono pienamente operative a partire dal 1987 permettendo la riapertura dello stabilimento. Le linee FCT3000 sono tra l’altro gli ultimi macchinari ancora parzialmente presenti nello stabilimento abbandonato.
Il vantaggio della produzione con le FCT3000 è l’accorpamento di più fasi in un unico processo continuo che porta, tra l’altro, alla possibilità di captare i fumi chimici: viene finalmente realizzato l’impianto estrazione fumi tuttora visibile, che garantisce un ambiente di lavoro più salubre.

L’archivio con documenti, progetti e schede del personale che è stato fortunatamente salvato dall’Archivio di Stato di Rieti nel 2015

Nel 2004 avviene la fusione tra Novaceta, Bemberg e Nuova Rayon e lo stabilimento di Rieti è ormai specializzato nella produzione della viscosa a filo continuo che comporta, però, un utilizzo enorme di energia. Proprio il costo dell’energia, con un debito di 6 milioni di Euro con la sola Enelgas, porta alla chiusura definitiva dello stabilimento nel 2006.


Foto storiche (archivio CID Torviscosa)


Altre foto storiche


Galleria fotografica


Riferimenti in rete


Bibliografia

  • Architetture industriali dismesse (Paolo Cavallari, Edoardo Currà – Edicom Edizioni 2014)
  • Aree industriali dismesse e città storica: Rieti, laboratorio di sinergie sostenibili (Edoardo Currà, Lorenzio Diana, Emanuele Habib – in_bo n.5 dicembre 2012)
  • “Una città e la sua fabbrica: la storia della Snia-Viscosa a Rieti” – Tesi per il Master in innovazione e impresa di Annamaria Di Gregorio

La chiesa di San Vittorino

Siamo in una pianura lunga circa quattro chilometri e larga due, posta tra le pendici meridionali del Terminillo e quelle della catena del monte Velino, dove l’erosione carsica si mostra con una imponenza che secondo il grande geografo Riccardo Riccardi, non ha eguali in Italia.
E’ qui che il Velino cresce notevolmente ricevendo le acque delle sorgenti di Canetra ancor prima di accedere nella piana di S. Vittorino da dove, subito prima di uscirne, vi si immettono quelle del Peschiera.
Il sottosuolo di questa area è formato da una stratificazione di calcarei cretacei su cui si poggia un vasto basamento travertinoso, mentre la parte superficiale è costituita da terreni alluvionali formati da ghiaie, sabbie e argille.
Tutta la zona e interessata da numerosissime sorgenti mineralizzate, segni eloquenti di una vasta circolazione di acque sotterranee che esercitano una forte azione corrosiva del basamento travertinoso sottostante, indebolendone lo spessore e formando delle vaste cavernosità che sono alla base dei continui sprofondamenti della parte superficiale del territorio.
E’ in tal modo che sono nati i laghi di Paterno, del Pozzo di Mezzo e del Pozzo Burino, ma anche i numerosi altri piccoli bacini, ed è in questa stessa condizione strutturale che va addebitato lo stato in cui si trova la Chiesa di San Vittorino, progressivamente sprofondata su un’area sorgiva le cui acque sommergono tutta la navata creando una immagine di grande suggestione.

 dal sito del Comune di Cittaducale

La zona della piana di San Vittorino, martire cristiano del I secolo, è ricca di sorgenti; in mezzo a due di queste nel 1300-1440 fu eretta una chiesa sui resti di un tempio pagano dedicato alle Ninfe dell’acqua.
Tra il 1608 e il 1613 la chiesa fu ristrutturata ed ampliata e dedicata alla Madonna. Prese quindi il nome di Santa Maria di San Vittorino. Era composta da una monumentale facciata e tre navate; la principale con l’abside e l’altare e le altre due con dipinti.
Divenne la più importante del circondario di Cittaducale e fu una frequentata meta di pellegrinaggio.
Nel 1800 a seguito di movimenti tellurici le vene delle due sorgenti si spostarono e andarono a situarsi sotto la chiesa che fu presto allagata. L’acqua usciva dal portale principale e andava a sfociare nel vicino Velino.
La sorte della chiesa fu segnata e presto cominciò a sprofondare.

Nel 1983 la chiesa pur rovinata era ancora visitabile e Andrej Tarkovskij vi girò una scena del film Nostalghia (vedi recensione).

Da allora la chiesa ha continuato a sprofondare, la sorgente si e’ quasi prosciugata e la vegetazione ha invaso l’interno.

Della chiesa sono rimasti, conservati nella cattedrale di Cittaducale, una Annunciazione trecentesca in bassorilievo ed un fonte battesimale sempre trecentesco di squisita fattura.

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La chiesa vista dalla strada

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Un interno

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