Zuccherificio Eridania di Codigoro

A Genova, nel 1899, viene costituita la “Società Anonima Eridania, fabbrica di zucchero” con lo scopo di produrre e commercializzare zucchero e prodotti affini.

Nello stesso anno a Codigoro, un piccolo comune della provincia di Ferrara, nasce il primo zuccherificio Eridania Zuccherifici Nazionali, denominazione che assumerà la più grande società saccarifera italiana. Al fine di ottenere un prodotto di qualità, Eridania investe non solo nella produzione industriale ma anche nella coltivazione della barbabietola da zucchero, soluzione che si rivela vincente consentendo dopo solo un anno la realizzazione di un secondo complesso industriale a Forlì.

Nel 1906 la giovane realtà imprenditoriale assume il nome di “Eridania Società Industriale“, evidenziando la sua vocazione commerciale, che si esprime anche con la costituzione di altri stabilimenti, tra cui la “Distilleria Padana” a Ferrara. L’ascesa viene frenata dagli anni della Grande Guerra e l’azienda si ristabilisce solo a partire dagli anni Venti, con la nascita di venti nuovi stabilimenti e la costituzione di ben quattordici nuove società saccarifere.

Nel 1930 la società si fonde con un altro grande produttore del settore, gli “Zuccherifici Nazionali”, dando vita alla “Eridania Zuccherifici Nazionali”. La fusione consente all’Eridania di controllare ventotto stabilimenti che producono il 60% del fabbisogno nazionale di zucchero. In quegli anni il presidente è Serafino Cevasco, entrato come semplice funzionario e poi divenuto presidente.

In questo video, presente sul canale ufficiale YouTube della Società Eridania, sono visibili splendide immagini storiche dello zuccherificio di Codigoro.

Nel 1966 la società Eridania viene acquistata dal petroliere Attilio Monti che la fonde con ben quattro altre società: “Saccarifera Lombarda”, “Emiliana Zuccheri”, “Saccarifera Sarda” e “Distillerie Italiane”. Durante la gestione del gruppo Monti si registra un importante incremento produttivo, dovuto principalmente ad un intervento di ammodernamento degli impianti.

Alla fine degli anni settanta la società viene completamente ceduta al “gruppo Ferruzzi” di Serafino Ferruzzi. Alla sua morte, nel 1979, il Gruppo Ferruzzi viene guidato dal genero Raul Gardini, che procede nella stessa politica di modernizzazione degli impianti e di chiusura degli stabilimenti obsoleti. La morte per suicidio di Raul Gardini, a seguito dell’inchiesta giudiziaria nota come “tangentopoli”, getta l’Eridania in una situazione di profonda precarietà.

Nel 2003 (fonte Wikipedia), dopo la scissione tra i nuovi soci delle attività industriali (5 stabilimenti a Coprob/Finbieticola e 2 stabilimenti al Gruppo Maccaferri), vengono costituite:

  • Italia Zuccheri S.p.A. (50% Coprob e 50% Finbieticola, ora 100% Coprob)
  • Eridania Sadam S.p.A. (Seci, Gruppo Maccaferri) a cui va il marchio Eridania detenuto tuttora insieme agli altri marchi commerciali dei prodotti.

Dopo una serie di cessioni e acquisizioni da parte di diverse società (consultare la pagina Wikipedia riportata in calce per ulteriori dettagli), arriviamo nel 2005 quando l’Unione Europea decide una drastica revisione della regolamentazione delle quote di produzione di zucchero. In base a queste nuove regole le società produttrici sono fortemente incentivate a restituire le quote contro una forte compensazione economica e quindi, di fatto, alla chiusura degli impianti produttivi.

Nel luglio 2016 il Gruppo Maccaferri cede il controllo della società Eridania Italia SPA, che detiene il marchio Eridania, al Gruppo Cooperativo francese Cristal Union tramite la società commerciale Cristal CO.


Galleria fotografica storica


Galleria fotografica


Riferimenti in rete

Aeronautica Caproni di Predappio

La Caproni fu un’industria aeronautica italiana fondata nel 1910 da Giovanni Battista Caproni. La fabbrica di Predappio fu costruita dove c’era un opificio realizzato dalla ditta Zolfi di Milano per la lavorazione dello zolfo estratto in loco.

L’attività estrattiva era poco concorrenziale e quindi la fabbrica divenne prima un laboratorio di ebanisteria (Ebanisteria Castelli) e successivamente, anche sfruttando l’esperienza della mano d’opera esistente (molte parti degli aerei erano in legno, all’epoca), divenne stabilimento dell’Aeronautica Caproni. I lavori per la realizzazione della fabbrica iniziarono nel 1933 e finirono nel 1941.

Nella fabbrica venivano costruite le parti in legno e metallo delle fusoliere e delle ali, poi trasportate all’aeroporto Ridolfi di Forlì dove avveniva l’assemblaggio finale degli aerei e il loro collaudo.

I principali aerei prodotti nello stabilimento di Predappio furono

Nel momento di maggior espansione la Caproni arrivò ad impiegare 1400 operai.

La fabbrica di Predappio realizzava anche componenti destinati ad altri produttori dello stesso gruppo industriale come le Officine Meccaniche Reggiane di Reggio Emilia (vedi scheda). La Caproni acquistò in seguito anche l’Isotta-Fraschini.

La fabbrica insiste sul costone di un canalone attraversato dalla strada: durante la guerra, dall’altra parte della strada, vennero scavate due grandi gallerie per mettere al riparo i materiali da eventuali bombardamenti. Tali gallerie ad oggi sono utilizzate per il progetto CICLoPE dell’Università di Bologna .

Il fatto che la fabbrica si trovi sul fianco di una collina ha fatto sì che i vari ambienti di produzione fossero realizzati su piani altimetrici differenti.

Le attività produttive erano così distribuite:

  • Piano terra: meccanica, collaudo materiali, controllo, forgie, torneria
  • Primo piano: saldatura elettrica, lattonieri, sabbiatura
  • Secondo piano: segheria, verniciatura
  • Terzo piano: intelaiaggio, falegnameria

 


Foto storiche


Galleria fotografica


Riferimenti in rete


Officine Meccaniche Reggiane

Officine Meccaniche Reggiane

Fondate nel 1901 a Reggio Emilia dall’Ing. Romano Righi, le Officine Meccaniche Reggiane, la cui prima denominazione fu Officine Meccaniche Italiane (OMI), furono una delle più importanti realtà industriali italiane, operante nel settore della produzione ferroviaria, di artiglieria e di aerei da combattimento.

Le prime importanti commesse arrivarono, a partire dal 1904, dal settore ferroviario. L’allora azionista di maggioranza e presidente Giuseppe Menada garantì all’azienda un ordine di venti di carrozze chiuse e sette aperte,  in virtù del fatto che lo stesso Menada fu dapprima direttore e poi presidente della SAFRE (Società Anonima delle Ferrovie di Reggio Emilia). Lo sviluppo del settore ferroviario continuò fino al 1912, quando venne acquisita la Società Officine Ferroviarie Italiane Anonima. Sempre nel 1912 la ditta cambierà denominazione diventando Reggiane Officine Meccaniche Italiane Spa.

Produzione vagoni ferroviari

Produzione vagoni ferroviari – fonte reggionelweb.it

Lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, significò per l’azienda un incremento della produzione a fini bellici: nel 1918 venne assorbito il Proiettilificio di Modena e, nello stesso anno, iniziò la costruzione di parti meccaniche per i famosi biplani trimotori da bombardamento denominati Ca.44, Ca.45 e Ca.46, dove Ca sta per “Caproni“, industria aeronautica dell’epoca cui furono commissionati 300 bombardieri.

La crisi italiana del 1920, poi divenuta mondiale con il crollo di Wall Street del 1929, non risparmiò nemmeno le Reggiane: tra acquisizioni societarie con l’intento di diversificare la produzione e chiusura di alcuni stabilimenti (Monza, Modena) finalmente nel 1933 l’I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale) divenne azionista di maggioranza salvando dalla cessione gli stabilimenti di Reggio Emilia. La parziale rinascita avvenne nel 1935 quando il conte Giovanni Caproni, prevedendo il prossimo riarmo del partito fascista, acquistò dall’I.R.I. la maggioranza delle azioni, fondando a Reggio Emilia la “Società Studi e Brevetti Gruppo Caproni”, mettendovi alla guida l’ing. Giovanni Pegna che già aveva dato prova di capacità tecnica e progettuale per la Piaggio. Il primo velivolo prodotto dal nuovo settore avio delle Reggiane fu il P.32bis, la cui foto è riportata di seguito.

Piaggio P.32bis

Piaggio P.32bis – fonte wikipedia

Lo sviluppo del settore avio è inarrestabile dal 1936 al 1943, anni nei quali molti modelli vennero progettati e costruiti negli stabilimenti di Reggio Emilia: trimotore da bombardamento S.M.79, Caproni Ca.405, RE 2000 (MM 408), RE 2001 (MM 409) e del RE 2002 (MM 454), RE 2003. Il regime fascista al potere, proprio per l’importanza strategica che l’azienda aveva in campo bellico, controllava completamente la produzione e il personale impiegato. Tuttavia, benché vigesse un rigido controllo, all’interno delle Reggiane erano presenti alcuni elementi antifascisti, come dimostravano – stando alle cronache dell’epoca – alcuni volantini e il disegno di falce e martello sui macchinari.

Alla storia delle Officine Meccaniche Reggiane è legato anche un triste avvenimento avvenuto il 28 luglio del 1943, noto alle cronache come “eccidio delle Reggiane“. Il regime fascista ormai decaduto lasciò il posto al governo “Badoglio” il quale, per evitare problemi di ordine pubblico, emanò norme molto restrittive che consentivano all’esercito di aprire il fuoco contro assembramenti di persone che superavano le tre unità. Quel triste 28 luglio un corteo di persone sfilò per le vie della città per chiedere la fine della guerra e, giunto ai cancelli delle officine, venne raggiunto dai colpi d’arma da fuoco dell’esercito che aveva l’ordine di fermare la manifestazione: rimasero ferite 50 persone e 9 operai dell’azienda rimasero uccisi, tra cui una donna incinta. Affinché ne rimanga memoria, il 28 luglio di ogni anno si celebra l’anniversario di quel tragico evento.

Subito dopo la guerra le Officine Reggiane, guidate al tempo dall’ing. Antonio Alessio, provarono a diversificare ulteriormente la produzione tentando la carta delle automobili: tuttavia la costruzione di autovetture “made in Reggio Emilia” non vide mai la luce.

Nel gennaio del 1944 i bombardamenti alleati rasero al suolo gli stabilimenti di Reggio Emilia: la produzione venne decentrata, utilizzando i macchinari che si salvarono dalla distruzione, in altri stabilimenti di Reggio Emilia e in altre città del Nord Italia. Successivamente, nel 1945, a seguito anche delle condizioni imposte dagli alleati, la divisione avio delle Reggiane cessò di esistere.

Nel 1950, l’azienda tentò nuovamente di riconvertire la produzione, passando ai macchinari da agricoltura. Il trattore R-60, di cui è visibile una foto più avanti, fu progettato e costruito durante l’occupazione dell’azienda (da ottobre del ’50 ad ottobre del ’51), a seguito di un pesante piano di licenziamento di più di 2000 persone.

Trattore R-60

Trattore R-60 – fonte www.officinemeccanichereggiane.it

Da ricordare che durante l’occupazione della fabbrica, durata un anno, gli operai non percepivano stipendio. Purtroppo, degli oltre 2000 operai licenziati, solo 700 vennero riassunti.

Dal 1970 ai giorni nostri la produzione delle Reggiane è incentrata su grandi impianti e gru:

1970: impianto per lo zuccherificio di Haiti, ancora oggi funzionante.

1980: produzione grandi impianti di dissalazione, tra cui quello di Misurata, Libia.

1987: progettazione e costruzione della nave-gru MICOPERI, utilizzata per l’installazione di piattaforme petrolifere.

1992: il gruppo Fantuzzi rileva l’azienda.

2008: TEREX, azienda americana, acquista il gruppo Fantuzzi. Nello stesso anno, il Comune di Reggio Emilia inizia un progetto, in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, di recupero dell’area acquistando il padiglione 19, denominandolo Tecnopolo, con l’obiettivo di costruire una realtà destinata all’innovazione tecnologica.

Attualmente la sede storica delle Officine Meccaniche Reggiane, attiva dal 1904 al 2008, giace in stato di abbandono.

Nel video seguente viene ripercorsa la storia di questa importante industria:


Galleria fotografica


Riferimenti in rete

Manifattura tabacchi di Bologna

La “vecchia” manifattura

La prima manifattura tabacchi a Bologna venne realizzata ad inizio ‘800 in via Riva di Reno.

Sorgeva accanto al fiume Reno di cui utilizzava l’acqua per i processi produttivi e nacque da un convento di suore domenicane che, con l’annessione di Bologna alla Repubblica Cisalpina del 1799, venne requisito  e trasformato in manifattura tabacchi.

bologna_mantabacch

La manifattura “vecchia” di via Riva di Reno

L’edificio principale, che affacciava sul canale, conserva tuttora la facciata originale frutto della totale riprogettazione del 1906 ad opera dell’architetto Gaetano De Napoli.  Attualmente (2016) il palazzo della manifatttura “vecchia” è sede della Cineteca di Bologna.

La “nuova” manifattura di Pier Luigi Nervi

Nel 1949 l’Amministrazione Monopoli di Stato bandisce un concorso per la realizzazione della nuova manifattura tabacchi che viene vinto da Pier Luigi Nervi. Fu, come di consueto, lo stesso nervi, con la sua azienda, a costruire la manifattura che venne ultimata nel 1952.

La prima parte, che viene ultimata da Nervi nel 1952, è il magazzino tabacchi greggi in balle. Si tratta di un edificio di cinque piani lungo 210 metri costruito utilizzando casseforme in ferro-cemento poste in opera rapidamente e senza bisogno di dover montare e smontare le casse per le colate di cemento.

bologna_mantabacch2

Il magazzino tabacchi greggi in balle

E’ invece del 1954 la realizzazione, sempre da parte di Nervi, dei cinque capannoni destinati allo stoccaggio dei tabacchi grezzi in botti. Si tratta di cinque strutture parallele lunghe 117 metri, con tetto a volta in cemento.

bologna_mantabacch4

I cinque magazzini tabacchi greggi in botte (in costruzione)

Il terzo edificio di estremo pregio costruito da Nervi per la manifattura di Bologna, è il magazzino del sale che si trova alle spalle dell’edificio principale e venne costruito con la forma di paraboloide.

Completano il complesso la centrale termica e gli uffici sul fronte principale, questi ultimi demoliti completamente.

manifatturabolognapianta

Pianta dell’area. Gli edifici evidenziati in giallo sono stati demoliti (2016)

Nel momento di massima espansione presso la manifattura di Bologna arriveranno a lavorare oltre mille persone.

Nel 2003 i Monopoli di Stato italiani vendono tutte le proprie attività alla British American Tobacco che gradualmente dismette tutti i siti produttivi, chiudendo nel 2004 anche la manifattura di Bologna. Da quel momento il complesso viene lasciato in stato di abbandono per anni, diventando anche rifugio di senza tetto e piazza di spaccio.

Nel 2011 la Regione Emilia Romagna bandisce un concorso di progettazione per la riqualificazione ed il recupero funzionale dell’ex manifattura tabacchi per la realizzazione del tecnopolo di Bologna. Nel 2015 iniziano i lavori con la demolizione completa degli uffici fronte strada.

 


Galleria fotografica


Riferimenti in rete