La centrale di Santa Caterina si trova in Sardegna, nell’area del Sulcis, e rappresenta uno dei simboli dell’industrializzazione sarda. Entrata in funzione nel 1939, è rimasta attiva fino al 1963 per poi chiudere definitivamente nel 1965.
Dobbiamo la sua nascita all’ingegner Angelo Omodeo che nel 1911 fonda la Società Elettrica Sarda. e nel 1913 la Società Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso che si occuperà delle opere idrauliche su Tirso e Coghinas. Scopo delle aziende, sviluppare la produzione di energia elettrica per lo sviluppo industriale e sociale dell’isola.
L’avviamento del Bacino carbonifero del Sulcis, la costruzione di Carbonia, il potenziamento del porto di Sant’Antioco, suggerirono alla Società Mineraria Carbonifera Sarda la realizzazione di una grande centrale termica a bocca di miniera. Nel 1939 veniva inaugurata la moderna Centrale Termoelettrica di Santa Caterina, la prima in Italia idonea a utilizzare il carbone del Sulcis polverizzato. L’impianto fu realizzato nella frazione di Palmas Suergiu, all’imboccatura dell’istmo che collega l’isola di Sant’Antioco alla Sardegna.
Il fabbricato fu edificato in riva al mare per poter prelevare l’acqua necessaria al suo funzionamento. Si componeva di quattro corpi di fabbrica contenenti rispettivamente i generatori di vapore, i distillatori dell’acqua marina con le pompe di alimentazione, i turbo-alternatori, i quadri da 5 KV. I generatori di vapore, realizzati dalla ditta Gefia, utilizzanti il carbone Sulcis polverizzato, erano del tipo a irradiazione totale, a unico passaggio di gas verso l’alto, capaci di produrre 500 chilogrammi all’ora di vapore. Nella sala macchine erano installati quattro gruppi turbo-alternatori più quello per i servizi ausiliari eroganti una potenza complessiva di 40.320 Kw. Due gruppi, oltre a quello dei servizi ausiliari, erano stati forniti dalla Stal, gli altri due dalle Ditte Tosi-Brown Boveri. L’apparecchiatura elettrica a 5 KV era installata in un apposito fabbricato quadri. Qui erano attrezzati i pannelli di controllo per la manovra, la regolazione delle macchine e la misura delle varie grandezze elettriche. La sala ospitava inoltre un centralino telefonico automatico con 14 posti di chiamata e ricezione. L’apparecchiatura elettrica a 70 KV, compresi i 3 trasformatori 5/70 KV, era invece sistemata all’aperto. L’alimentazione del carbone avveniva mediante un sistema di rotaie su cui scorrevano i carri tramoggia che convogliavano il minerale a due mulini atti alla sua macinazione.
La centrale entrò in esercizio nel 1939. Negli anni della seconda guerra mondiale assicurò la vitale fornitura elettrica non solo al complesso industriale del bacino carbonifero ma anche all’area metropolitana di Cagliari attraverso un articolato collegamento in rete. Durante la seconda guerra mondiale nell’area della centrale furono dislocate alcune armi automatiche destinate alla difesa contraerea. Nell’area della centrale è tuttora presente un fortilizio a “S” in calcestruzzo. Alla data del 1° gennaio 1943 vi era schierata la 843ª Batteria con 4 mitragliatrici pesanti Breda da 20 mm, armate dal personale appartenente alla 17ª Legione DICAT Carbonia. Durante l’armistizio, nel settembre del 1943, i Tedeschi in ritirata asportarono il 4° gruppo, poi parzialmente recuperato in Germania al termine del conflitto e rimesso successivamente in opera. Una quinta caldaia fu attrezzata dopo il 1950 in virtù degli aiuti statunitensi del Piano Marshall. La centrale cessò il servizio nel 1963 chiudendo definitivamente nel 1965.
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