Rassina è una piccola frazione nel comune di Castel Focognano, in provincia di Arezzo. Il paese è attraversato da un’arteria statale, la SR71. Percorrendo questa strada e passando dalla piazza principale, possiamo notare quel che resta di una storica fabbrica: il pantalonificio Lebole. Come capirete di seguito, oltre a rappresentare un nome storico dell’abbigliamento Made in Italy, è stata un simbolo dell’emancipazione femminile nell’area casentinese. Qui lavoravano circa 600 persone, quasi tutte donne. Moltissime ragazze, giovani o madri di famiglia, trovarono nella Lebole di Rassina e di Arezzo l’opportunità di allontanarsi da una vita rurale e di sottomissione. Ben presto questo sogno si trasformò in un incubo; i ritmi insostenibili della fabbrica, i soprusi dei superiori, il doversi dividere tra lavoro e doveri casalinghi. Nacquero così i primi moti di sciopero a cui parteciparono le classi femminili; insomma, un’azienda con tanta storia da raccontare. Partiamo dall’inizio.
Dopo aver chiesto notizie al Comune di Castel Focognano, ho ricevuto una loro gentile risposta con il documento sotto riportato:
analisi storica area ex Lebole-Moda
In queste pagine non sono riportati gli ultimi atti di questo triste declino: il gruppo Lebole si trasforma poi in conpartecipazione statale diventando parte del gruppo Eni. Le difficoltà dovute alla crisi del settore e una gestione scellerata da parte di un ente che aveva solo il compito di inglobare aziende sull’orlo del fallimento; portarono all’indispensabile vendita a privati. Vince l’asta il colosso dell’abbigliamento Marzotto. Un susseguirsi di ridimensionamenti, a tutti i livelli, hanno portato alla chiusura definitiva dello stabilimento di Rassina nel luglio 1998.
Nel 2010 faceva bella mostra di se, sulla facciata principale, un cartello che dichiarava l’imminente realizzazione di appartamenti. I lavori sono iniziati nel 2012, portando alla demolizione di gran parte degli edifici per poi arrestarsi, causa la mancanza di fondi. La situazione rimane immutata fino alla fine del 2015.
Di seguito, un video tratto dalla trasmissione “Sportello Reclami”. Un consigliere del comune, spiega e mostra l’attuale stato di ciò che rimane della ex Lebole:
Una bella testimonianza di quanto abbiamo raccontato finora è rappresentata dal libro “La confezione di un sogno”, “La storia delle donne della Lebole” di Claudio Repek. Quarantasei testimonianze raccolte tra operaie, impiegati, dirigenti d’azienda e del sindacato che furono impiegati alla Lebole.
Di seguito una pagina del libro che ci fa chiaramente capire le dure condizioni di lavoro nello stabilimento di Rassina:
Per concludere la storia di questo importante stabilimento, nel sito della Confederazione Associazioni Italiane Parkinson e Parkinsonismi (ONLUS), si legge quanto segue:
“Cinque ex dipendenti dello stabilimento Lebole di Rassina (AR) sono malate di Parkinson e i loro casi sono allo studio di un pool di medici. Si sospetta che possa esservi un collegamento con certi tessuti con coloranti, polveri e sostanze nocive con i quali sono venute a contatto in fabbrica.
Una richiesta per il riconoscimento della malattia professionale è stata inoltrata all’Inps, ma l’ente ha risposto chiedendo un riscontro scientifico. L’iter è ancora in una fase preliminare e si dovrà stabilire se si tratta di una coincidenza o se esiste davvero un nesso di causa ed effetto.
Intanto una delle malate di Parkinson, che ha 65 anni, lancia un appello alle ex colleghe, anche a quelle che hanno lavorato ad Arezzo, affinché segnalino, se esistono, casi analoghi. Un medico legale di Siena visiterà gratuitamente le ex “leboline”. A seguire la questione dalla parte delle ex lavoratrici è il patronato Acli. “