Fondate nel 1901 a Reggio Emilia dall’Ing. Romano Righi, le Officine Meccaniche Reggiane, la cui prima denominazione fu Officine Meccaniche Italiane (OMI), furono una delle più importanti realtà industriali italiane, operante nel settore della produzione ferroviaria, di artiglieria e di aerei da combattimento.
Le prime importanti commesse arrivarono, a partire dal 1904, dal settore ferroviario. L’allora azionista di maggioranza e presidente Giuseppe Menada garantì all’azienda un ordine di venti di carrozze chiuse e sette aperte, in virtù del fatto che lo stesso Menada fu dapprima direttore e poi presidente della SAFRE (Società Anonima delle Ferrovie di Reggio Emilia). Lo sviluppo del settore ferroviario continuò fino al 1912, quando venne acquisita la Società Officine Ferroviarie Italiane Anonima. Sempre nel 1912 la ditta cambierà denominazione diventando Reggiane Officine Meccaniche Italiane Spa.
Lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, significò per l’azienda un incremento della produzione a fini bellici: nel 1918 venne assorbito il Proiettilificio di Modena e, nello stesso anno, iniziò la costruzione di parti meccaniche per i famosi biplani trimotori da bombardamento denominati Ca.44, Ca.45 e Ca.46, dove Ca sta per “Caproni“, industria aeronautica dell’epoca cui furono commissionati 300 bombardieri.
La crisi italiana del 1920, poi divenuta mondiale con il crollo di Wall Street del 1929, non risparmiò nemmeno le Reggiane: tra acquisizioni societarie con l’intento di diversificare la produzione e chiusura di alcuni stabilimenti (Monza, Modena) finalmente nel 1933 l’I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale) divenne azionista di maggioranza salvando dalla cessione gli stabilimenti di Reggio Emilia. La parziale rinascita avvenne nel 1935 quando il conte Giovanni Caproni, prevedendo il prossimo riarmo del partito fascista, acquistò dall’I.R.I. la maggioranza delle azioni, fondando a Reggio Emilia la “Società Studi e Brevetti Gruppo Caproni”, mettendovi alla guida l’ing. Giovanni Pegna che già aveva dato prova di capacità tecnica e progettuale per la Piaggio. Il primo velivolo prodotto dal nuovo settore avio delle Reggiane fu il P.32bis, la cui foto è riportata di seguito.
Lo sviluppo del settore avio è inarrestabile dal 1936 al 1943, anni nei quali molti modelli vennero progettati e costruiti negli stabilimenti di Reggio Emilia: trimotore da bombardamento S.M.79, Caproni Ca.405, RE 2000 (MM 408), RE 2001 (MM 409) e del RE 2002 (MM 454), RE 2003. Il regime fascista al potere, proprio per l’importanza strategica che l’azienda aveva in campo bellico, controllava completamente la produzione e il personale impiegato. Tuttavia, benché vigesse un rigido controllo, all’interno delle Reggiane erano presenti alcuni elementi antifascisti, come dimostravano – stando alle cronache dell’epoca – alcuni volantini e il disegno di falce e martello sui macchinari.
Alla storia delle Officine Meccaniche Reggiane è legato anche un triste avvenimento avvenuto il 28 luglio del 1943, noto alle cronache come “eccidio delle Reggiane“. Il regime fascista ormai decaduto lasciò il posto al governo “Badoglio” il quale, per evitare problemi di ordine pubblico, emanò norme molto restrittive che consentivano all’esercito di aprire il fuoco contro assembramenti di persone che superavano le tre unità. Quel triste 28 luglio un corteo di persone sfilò per le vie della città per chiedere la fine della guerra e, giunto ai cancelli delle officine, venne raggiunto dai colpi d’arma da fuoco dell’esercito che aveva l’ordine di fermare la manifestazione: rimasero ferite 50 persone e 9 operai dell’azienda rimasero uccisi, tra cui una donna incinta. Affinché ne rimanga memoria, il 28 luglio di ogni anno si celebra l’anniversario di quel tragico evento.
Subito dopo la guerra le Officine Reggiane, guidate al tempo dall’ing. Antonio Alessio, provarono a diversificare ulteriormente la produzione tentando la carta delle automobili: tuttavia la costruzione di autovetture “made in Reggio Emilia” non vide mai la luce.
Nel gennaio del 1944 i bombardamenti alleati rasero al suolo gli stabilimenti di Reggio Emilia: la produzione venne decentrata, utilizzando i macchinari che si salvarono dalla distruzione, in altri stabilimenti di Reggio Emilia e in altre città del Nord Italia. Successivamente, nel 1945, a seguito anche delle condizioni imposte dagli alleati, la divisione avio delle Reggiane cessò di esistere.
Nel 1950, l’azienda tentò nuovamente di riconvertire la produzione, passando ai macchinari da agricoltura. Il trattore R-60, di cui è visibile una foto più avanti, fu progettato e costruito durante l’occupazione dell’azienda (da ottobre del ’50 ad ottobre del ’51), a seguito di un pesante piano di licenziamento di più di 2000 persone.
Da ricordare che durante l’occupazione della fabbrica, durata un anno, gli operai non percepivano stipendio. Purtroppo, degli oltre 2000 operai licenziati, solo 700 vennero riassunti.
Dal 1970 ai giorni nostri la produzione delle Reggiane è incentrata su grandi impianti e gru:
1970: impianto per lo zuccherificio di Haiti, ancora oggi funzionante.
1980: produzione grandi impianti di dissalazione, tra cui quello di Misurata, Libia.
1987: progettazione e costruzione della nave-gru MICOPERI, utilizzata per l’installazione di piattaforme petrolifere.
1992: il gruppo Fantuzzi rileva l’azienda.
2008: TEREX, azienda americana, acquista il gruppo Fantuzzi. Nello stesso anno, il Comune di Reggio Emilia inizia un progetto, in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, di recupero dell’area acquistando il padiglione 19, denominandolo Tecnopolo, con l’obiettivo di costruire una realtà destinata all’innovazione tecnologica.
Attualmente la sede storica delle Officine Meccaniche Reggiane, attiva dal 1904 al 2008, giace in stato di abbandono.
Nel video seguente viene ripercorsa la storia di questa importante industria:
Galleria fotografica
Riferimenti in rete